Ricordo del figlio Blu Marziale

Sono Blu, il primogenito di Alessandro Marziale. Sono nato nel marzo 1976 da due genitori molto giovani ed artisti. Ho sempre pensato che il primo indizio della personalità di mio padre della estrosità e grande anticonformismo fosse stato quello di chiamare un figlio con un nome tanto peculiare; e se come si dice, “in nomen omen”, avrebbe dovuto chiamarsi lui con un nome di colore.

Mio padre per me l’ho vissuto molto intensamente, avevo un “imprinting” che avrebbe interessato perfino K. Lorenz, un papà chioccia, che mi portava a legarmi da bambino con un laccio invisibile che sentivo essere il mio legame con il mondo terreno. Chi lo vedeva sulla spiaggia della Feniglia spesso vedeva al seguito un bambino, entrambi dotati di pareo indiano. Non voleva che lo chiamassi papà (o babbo), ma semplicemente Ale. Questo però non attenuava la sua autorevolezza di padre, in quanto il chiamarlo per nome non mi frustrava né sono mai caduto nello stereotipo del “padre amico”.

Ora il mio ricordo di Alessandro nella prima infanzia è quello di una persona estrosa, affettuosa, ma che mi metteva pure un certo timore reverenziale; primi tempi ad Urbino (vaghi ricordi, forse solo del cane Patroclo), poi Roma tra Trastevere e Campo di Fiori. C’erano in giro colori, tele, polaroid con cui giocare, e libri di arte. Mi ricordo comprato a campo dei fiori un “Goya spiegato ai bambini”.

Ciò che ancora oggi mi colpisce era la giovane età di Alessandro: per me era una specie di mito, come Achille, che come tutti gli eroi è perennemente giovane; ovviamente all’epoca bambino mi sembrava molto grande. Sempre facendo paragoni con l’eroe omerico, direi che l’ambivalenza di grandi passioni contrastanti mi colpivano: grandi slanci di affetto si alternavano a severi giudizi e una maniera troppo dura e diretta di esprimersi. Spesso avevo timore di dirgli le cose, e tenevo molto al suo giudizio.

Mi ricordo che mi punzecchiava sempre soprattutto in macchina dandomi delle pacche forti sulle gambe e questo non lo sopportavo, era proprio dispettoso. Questo succedeva in quella macchina con il cambio vicino al cruscotto che adesso sarebbe quasi d’epoca ma all’epoca era molto diffusa ed “alternativa”.

Mi permetteva di avere contatto fisico con lui e confidenza, ma non voleva che gli toccassi la testa, era una specie di tabu’: ancora oggi ne ignoro la ragione.

Devo dire che la settimana che ricordo come una delle più belle della mia vita fu quando passammo una settimana insieme a sciare in Trentino; potevo averlo tutto per me , ed ero molto sereno. Mi ricordo che commentando con un signore che faceva la scuola sci, difendevano un maestro che era molto rigido nell’insegnamento; spesso, cosa che non diresti in un artista, era Marziale di nome e di fatto. Mi diceva spesso, tra il serio ed il faceto: < mutismo e rassegnazione!!!>.

Mi aiutò con consigli a dipingere un acquarello sulla Sicilia per un concorso scolastico alle scuole media, che poi andò a buon fine. Così come mi detto un solo consiglio su un metodo di studio che mi aiutò molto; un’altra volta invece mi disse di non pensare solo allo studio ma di dedicarmi anche ad altro: credo intendesse dire più alle ragazzine che allo sport, comunque anche questo era da padre.

Poi aveva una grande passione per il volo sportivo, e mi ricordo un giorno in cui partimmo da Grosseto per l’aereoporto di Viterbo: fu un pomeriggio molto bello. Essere pittori e volare è molto dannunziano, dal mio punto di vista.

Purtroppo quando è avvenuto l’incidente avevo solo 13 anni; mi ricordo che alla fine di gennaio i giorni 30 e 31 del 1990 mi sentivo molto triste e pensavo alla morte. Il 31 dovevo parlare con lui delle scuole superiori che avrei dovuto frequentare, avevamo programmato di andare a giocare a tennis: mi disse che ne avremmo parlato l’indomani della scuola e del resto. La sera prima dell’incidente vidi con lui “Il principe cerca moglie”, e poi andai a dormire; non dormii ma piansi per mezzora a letto. Vidi un’ombra alla porta e lui mi disse

Ora non so se è il caso che governa il mondo, oppure vi sia un piano predeterminato che prescinde dalle nostre volontà, ma ritengo che la nostra sensibilità ci lega molto più di quello che si possa ritenere alle persone care; questa è stata la mia sensibilità di adolescente negli ultimi momenti di vita di Alessandro. Un lieve senso di colpa mi accompagna, ma questo è probabilmente un retaggio del pensiero magico infantile, che dice che i tuoi pensieri causano gli eventi.